Film di Zhao Liang, documentario, durata 1h35’.
Zhao Liang torna a occuparsi di temi sociali, ambiente, sanità. A cambiare tuttavia è la forma. Dopo “Petition”, “Crime and Punishment”, “Paper Airplane” e altri documentari, il filmmaker cinese realizza ora con Behemoth – pre- sentato in concorso a Venezia 2015 – un poema visivo, un Koyaanisqatsi apocalittico, che riprende La Divina Commedia dantesca arrivando a dei momenti che si avvicinano alla video-installazione, con lo schermo diviso da linee oblique.
Una sinfonia che è una progressione all’inferno, fatta di enormi voragini generate dall’attività estrattiva, paesaggi lunari talmente grandi che non si riesce neanche a scorgerne più i contorni, pur in inquadrature in campo lunghissimo. Miniere che sprofondano per un’infinità di piani nel sottosuolo, autentici gironi danteschi. File interminabili di palazzoni tutti uguali a comporre città fantasma. Il consumo del suolo, del territorio rurale o naturale appare inesorabile, un buco nero che inghiotte tutto a grande velocità. E poi si arriva alle piaghe, alla contaminazione dei corpi dei lavoratori, alle morti bianche.