Il movimento berlinese / Nie wieder Krieg (Mai+guerra)

Evento segnalato da
- (Foto dal sito ufficiale)
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Data: Mar. 26 maggio 2015
Dove: Sala Nikoletti, Centro Civico Oltrisarco, piazza Nikoletti 4, Bolzano
Orario: ore 20.30

Il Centro Per la Pace presenta: Il movimento berlinese / Nie wieder Krieg spettacolo teatrale di Elisa Salvadori.

Pochi mesi dopo la fine della prima guerra mondiale lo spirito pacifista e antimilitarista attecchisce a Berlino più che altrove. Scrittori, artisti, filosofi trovano terreno fertile per fare della pace un grande motivo di riscatto culturale. Il più noto degli scrittori di quei tempi è senz'altro Kurt Tucholsky, che nel 1912 aveva dato alle stampa il bestseller Il castello di Rheinsberg. Tucholsky era legato a scrittori come Franz Kafka, Franz Werfel, Otto Baum. Già nel 1918 inizia la sua militanza dentro il movimento pacifista e nel 1920 esce il suo Militaria, un durissimo pamphlet demolitore della guerra, un atto d'accusa contro tutto il sistema militare e contro ogni tipo di apparato bellico. Tucholsky entra in contatto con i leader dei movimenti per la pace della sua città come la pittrice Käthe Kollwitz o il socialista-anarchico Ernst Friederich che si inventò il suo museo contro la guerra – oggi questo piccolo museo in Brüsseler Str. 21 a Berlino è diretto dal nipote di Friedrich, Tommy Spree – per sensibilizzare l'opinione pubblica al non-senso antropologico di uccidere ed essere uccisi. Nel 1924 Friedrich esce con un libro di foto terrificanti dal titolo “Krieg dem Kriege” pubblicato in Italia con il titolo “Guerra alla guerra: 1914-18: scene di un orrore quotidiano” (Mondadori). Si tratta di un libro di foto raccapriccianti accompagnate da pensieri dell'autore. Si vedono uomini mutilati, deformati, volti sconvolti e tumefatti. Nella prefazione all'edizione italiana Gino Strada scrive: «Friedrich ben sa che, in quegli anni, il posto degli obiettori di coscienza che si rifiutano di diventare assassini è la forca. Sa che non c’è spazio, al di fuori del “o con noi o contro di noi”. Ma continuerà la sua “guerra alla guerra”: arrestato dai nazisti, riuscirà a fuggire in Belgio, e poi ancora in Francia, senza mai smettere di lottare. Anche quando la temuta guerra “che sputerà gas” sconvolgerà l’Europa e il mondo, e l’umanità si ritroverà, infine, nel baratro di Auschwitz e di Hiroshima...».

Ma fu con la scultrice, pittrice e ritrattista Käthe Kollwitz che il movimento “Nie wieder Krieg” assumerà rilievo internazionale. Il suo dipinto con la donna spettinata, sconvolta, che urla al mondo il ripudio della guerra mentre tiene teso il braccio destro in alto e quello sinistro sul cuore, diventa l'emblema del movimento. Quella donna imbestialita è la stessa Kollwitz che piange la morte di Peter, il figlio minore, fatto fuori in un conflitto a fuoco, nell'ottobre del 1914, su un campo di battaglia. Da allora la Kollwitz entra in uno stato depressivo totale. Non dipinge più, non scrive più, quasi non pronuncia nemmeno più una sillaba. I bozzetti vengono prima dipinti e poi dati alle fiamme. Tenta di dare forma ad un memoriale scultoreo in ricordo di Peter, I genitori addolorati, ma è un impegno durissimo e dolorosissimo che riuscirà a portare a termine solo nel 1924 quando esce dall'oblio e inizia la sua lotta contro ogni ingiustizia e prevaricazione di potere. Quasi tutte le opere nascondono dentro di sé un messaggio anti-militarista e socialista. I suoi diari sono pieni di annotazioni sulla pittura come momento espressivo, che non può essere alienante, ma deve essere per forza fedele agli ideali di giustizia e di pace: «Io voglio che la mia arte serva a uno scopo. Voglio agire sul mio tempo». E mentre nel cuore del conflitto lei, madre premurosa e rispettosa degli ideali patriottici dei giovani in procinto di partire per i vari fronti europei, aveva sostenuto i suoi figli nel difficile atto dell'arruolamento, nel cuore della seconda guerra mondiale, di cui lei stessa fu vittima della repressione nazista, scriverà così: «Ancora una volta dunque ho disegnato la stessa cosa: dei ragazzini berlinesi, che scalpitano simili a giovani cavalli impazienti di uscire all'aperto. Ma vengono trattenuti da una donna. La donna tiene i ragazzini accanto a sé sotto il mantello, decisa e dominatrice li cinge con le sue braccia e le sue mani. “Le sementi non devono essere macinate” - questa rivendicazione, come “Mai più la guerra”, non è un desiderio nostalgico ma un ordine. Rivendicazione». (dicembre 1941)

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