Eccentrici Dadarò / Progetto La Gare: Montagne russe

Evento segnalato da
- (Foto dal sito ufficiale / di Alessandro Acerbi)
- (Foto dal sito ufficiale / di Alessandro Acerbi)
Data: Ven. 15 dicembre 2017
Dove: Teatro Portland, Via Papiria 8, Trento 
Orario: ore 21.00
Note: Lo spettacolo sarà accompagnato da una degustazione di vini offerta da Cantina Vivallis durante la quale sarà possibile confrontarsi con i componenti delle compagnie ospitate / Il venerdì, dalle 19.30 “Lo spettatore accorto”: approfondimenti tematici e formazione del pubblico a cura di Enrico Piergiacomi e Andrea Brunello con insegnante ospite / Info su costi e biglietti nella pagina del programma de La Bella Stagione

Di Eric Assous / Traduzione Giulia Serafini / Con Rossella Rapisarda, Antonio Rosti / Regia Fabrizio Visconti / Scene Marco Muzzolon / Costumi Mirella Salvischiani / Disegno luci Fabrizio Visconti / Musiche originali Marco Pagani.

Un uomo e una donna. Un bar a fine giornata e poi un appartamento. Un copione apparentemente già scritto, eppure, minuto dopo minuto, via via più inaspettato e imprevedibile.
Una sfida, un gioco delle parti; ma di quale gioco si sta parlando? E quali carte sono davvero scoperte? Un intreccio di strategie raffinate e crudeli e, allo stesso tempo, un grande vuoto da colmare.
Un faccia a faccia da vivere molto da vicino, come spettatori che guardano nella finestra di un dirimpettaio di casa, quasi seduti sul divano di quell’appartamento che non è il proprio, eppure, in qualche modo, potrebbe anche esserlo.
Sceneggiatore, regista e drammaturgo pluripremiato (si ricorda il Premio Molière, nel 2010 e 2015, e il Gran Premio per il Teatro dell’Académie Française, nel 2014), Assous è un vero e proprio caso in Francia mentre, in Italia, è ancora relativamente poco rappresentato.
La Gare, progetto di ricerca artistica multidisciplinare nato in seno alla Compagnia Eccentrici Dadarò, raccoglie questa sfida e porta in scena uno dei testi più rappresentativi del grande autore francese, proponendosi di contribuire alla scoperta di un talento letterario tra i più importanti oggi viventi.
In particolare in “Montagne Russe” (il cui debutto è stato segnato dall’interpretazione di Alain Delon e Astrid Veillon nel 2004), Assous riesce a veicolare, attraverso una commedia all’apparenza godibilissima per ritmo e capacità inventiva, una tagliente riflessione sul tema dei rapporti familiari e sul valore della responsabilità nei confronti degli altri.
La costruzione drammaturgica vive su una tensione dialogica fortissima e a tratti esilarante nello svelare le piccole maschere che ognuno di noi si costruisce per ottenere una compensazione alla propria solitudine, o anche solo alla percezione del tempo che passa, da sempre oggetto di conflitto per l’essere umano e sempre di più in una società votata all’efficienza e alla competitività. La dinamica implacabile che impronta il rapporto tra i due personaggi per tutto l’arco del testo viene ribaltata nel finale, in cui si svela il segreto che lega i due protagonisti, ovvero un legame interrotto padre/figlia che l’azione della protagonista è venuta a ricomporre.
Proprio questo doppio livello, brillante in superficie e drammatico nel sottotesto, ci fornisce una chiave di gioco eccezionale per alternare registri diversi di messinscena, seminando lungo il percorso indizi mai svelati della grande svolta che attende lo spettatore nel finale dell’opera.
Il gioco scenico prevede una sorta di movimento cinematografico dello sguardo, che passerà dalla dinamica apparente del rapporto tra i personaggi, allo sviluppo di un percorso interno degli stessi, attraverso un semplicissimo diaframma visivo e interpretativo.
La scena si propone come un set domestico, in cui i protagonisti recitano il loro ruolo di facciata, sospendendo, tuttavia, questa messinscena nei momenti in cui lo sguardo si sposta all’interno degli stessi, o si allarga a una dimensione più ampia, come ad inserire la loro vicenda particolare nel più ampio fluire della vita dell’umanità contemporanea.
Il suono e le luci del mondo esterno sono quindi presenti per tutto il tempo dello spettacolo, in lontananza più o meno marcata, a violare questo “interno casa”, così da inserire questa vicenda particolare in un contesto reale più ampio, ancora una volta a suggerire l’assoluta “normalità” di questa vicenda dei giorni nostri.
Lo stile recitativo, più cinematografico che teatrale, meno portato e più attraversato, consente, da un lato, di godere delle sfumature ritmiche del dialogo, dall’altro di entrare nel dettaglio dell’emotività dei personaggi, avvicinandoli allo spettatore, pur senza pretendere un naturalismo fittizio che proprio il gioco scenico svelato permette di allontanare, conservando la qualità esemplare della vicenda.

Informazioni:
www.teatroportland.it


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