Conosci te stesso, l’imperativo rivolto a chi varcava la soglia dell’Oracolo di Delfi per conoscere il senso della propria vita, qualifica e chiarifica l’approccio artistico di Karlos Marra, ad oggi noto al pubblico per un suo peculiare modo di sentire l’arte, impellente e coinvolgente, essenziale ed egocentrico, come solo il linguaggio di un artista può esserlo, quando siede davanti alla sua tela e lascia che siano le sue emozioni a guidare l’onda del pennello. L’Io dell’artista è chiave esplicativa di tutte le sue opera, conoscere Karlos Marra, la sua storia, i ricordi dolorosi che bruciano tra le dita e rivivono nei colori, è leggere i suoi quadri, che di ciò sono sinceri testimoni. L’esperienza della sua infanzia e giovinezza, vissuta in Argentina sua terra d’origine, dove ha conosciuto gli orrori della dittatura di J. R. Videla, è diventata di volta in volta protagonista della sua produzione artistica.
Premessa irrinunciabile e dovuta, per comprendere questa intima, preziosa collezione di divertissements raccolti nell’esposizione dal titolo emblematico Alter ego, nati dall’urgente bisogno dell’artista di serena evasione dalle angosce storiche, alla riscoperta di un’atra parte di se stesso, spensierata e gioiosa, una parentesi di ossigeno puro quando l’angoscia delle tele soffoca la voce, lontano da un mondo che ferisce, ma di cui mantiene, comunque, le forme e i profili, annodato da corde che tra le due realtà sono ponte e legame. E se per Marra un mondo alter del suo ego esiste parallelo e indipendente, anche gli oggetti che lo popolano cambiano la loro natura, riscoprendosi nuovamente con mutata fattezza e immutata essenza, memento nostalgico d’una vita terrena che, per un poco, resta muta e gentile. Su tutto, insondabile, lo scorrere d’un tempo cristallizzato nello scatto fotografico d’una brezza che muove i lacci, ma che riprende imperterrito a scorrere con le parole di polvere che scrivono sul collo di una bottiglia, sulla punta di uno scarpone, una storia nuova, diversa, alternativa che l’artista, demiurgico reinventore di vita, ha consegnato a ciascuna sua creazione.
È questo il volo pindarico che dalle tele nere dei ricordi più tristi e toccanti ha portato Karlos Marra a qualcosa di nuovo, di alter, un distinto ego riflesso in uno specchio su cui, se vuoi, ci puoi ancora leggere Γνῶθι σεαυτόν, il motto delfico da cui siamo prima partiti.
(Testo di Chiara Radice)
