A cura di Valerio Dehò.
Sendai City è una metropoli, un’ambientazione, un mood, è un luogo post-moderno e decadente, un non-luogo abitato da cyborg, governato dalle multinazionali e creato da un’intelligenza artificiale.
Marco Bolognesi ci racconta il suo mondo, costruito tra POP e fantascienza, fatto di giocattoli, di vecchi B-movie, di personaggi usciti dai fumetti e lo fa utilizzando la tecnica che da sempre lo contraddistingue: il collage. Costruisce così una grande installazione della città assemblando i giocattoli di diverse generazioni di bambini, l'elemento ludico e di scoperta che è nel significato proprio di quegli oggetti viene trasferito sull'installazione sommandosi al fascino del fantascientifico e all’angoscia della modernità per produrre dissonanza. Da questo luogo parte e si sviluppa la narrazione del mondo di Bolognesi: Siccome sono convinto che i luoghi siano finiti e definiti soprattutto da ciò che vi accade, animo la mia metropoli di personaggi e storie che fanno parte del mio mondo, del cinema che amo, di quella cultura a cui mi ispiro; storie che si incontrano per le strade, nei palazzi, sui treni di questo futuro senza tempo che è la mia metropoli.
Ed è proprio per raccontare le storie che si avvale del cinema, il cinema italiano di genere fantascientifico, quello degli anni Sessanta e Settanta, così pieno di riferimenti alla politica e alla società di allora, quello che utilizza il futuro per parlare del presente.