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PerdutaMente

Evento segnalato da Comune di Lavarone
- (Foto dal sito ufficiale)
Data: Sab. 03 dicembre 2022
Dove: Cinema Teatro Dolomiti, Lavarone (Tn)
Orario: ore 20.30
Note: ingresso libero

Le demenze sono annoverate tra le nuove epidemie del XXI secolo. Fino a poco tempo fa si riteneva l'Alzheimer una patologia che aggrediva la popolazione anziana anche in considerazione dell'aumento della speranza di vita. Le notizie più recenti tuttavia parlano di un allarmante abbassamento dell'età media dei malati, sempre più 50 e 60enni ne vengono colpiti.
Nell'ambito del progetto Am♥ revolmente che la Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri organizza da alcuni anni con il supporto della Provincia e la collaborazione dei comuni, della Casa di Riposo e di altri enti ed associazioni del territorio, per mantenere alta l'attenzione e la sensibilità nei confronti delle demenze e per parlare di cosa significhi essere ammalati o assistere un familiare colpito da Alzheimer, viene organizzata per sabato 3 dicembre alle ore 20.30 presso il Cinema Teatro Dolomiti di Lavarone Chiesa la proiezione del film PerdutaMente diretto da Paolo Ruffini. E proprio il regista livornese sarà presente in sala per incontrare e dialogare con il pubblico.

L'iniziativa, ad ingresso libero, è realizzata con la collaborazione dei Comuni di Lavarone e Folgaria e della Biblioteca Sigmund Freud di Lavarone ed il sostegno finanziario della Provincia.

SINOSSI DEL FILM
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, determinando decadimento fisico e cognitivo, perdita della memoria, della coscienza e della percezione del sé e della realtà.
Paolo Ruffini attraversa l’Italia per intervistare persone affette dalla malattia di Alzheimer e i loro familiari, definiti “seconde vittime” dell’Alzheimer, che si trovano ad affrontare un carico fisico ed emotivo enorme accompagnando i propri cari attraverso il doloroso cammino della malattia.
Dalla malattia di Alzheimer, ad oggi, non è possibile guarire, tuttavia è possibile curarla, nel senso di “prendersi cura” di chi si ama, e l’unica cura possibile è l’amore.
Il centro narrativo del documentario non è la malattia, ma le emozioni e i sentimenti che legano i pazienti ai propri cari.
Attraverso le interviste si raccontano diverse storie d’amore, e soprattutto diverse dimensioni dell’amore: quello tra compagni di vita, tra genitori e figli, nonni e nipoti, tra fratelli e sorelle.
In questo viaggio, tra storie e sentimenti, mentre la memoria della realtà viene progressivamente sgretolata dalla malattia, resta invece la memoria emotiva che rappresenta l’unico legame che i pazienti conservano con la vita che li circonda.
“Io non so chi sei, ma so di amarti”.

NOTE DI REGIA
Prima di iniziare questo viaggio sapevo poche cose sul morbo di Alzheimer: che è una malattia crudele, misteriosa, e legata alla perdita della memoria.
Ma questo era “prima”. Esiste sempre un prima e un dopo in un’avventura, e in qualche modo questo film li definisce. Prima credevo, banalmente, che perdere la memoria significasse dimenticare le cose e i loro nomi, le persone, i volti, la dimensione del tempo. Già solo questa percezione, così superficiale, bastava a dare la portata del vuoto, della paura, dell’oblio.
Durante il percorso ho compreso che Alzheimer significa molto più di questo, perché la memoria non è semplicemente una scatola che contiene informazioni. È più come un diario, che ciascuno di noi riempie, un giorno alla volta nel corso di una vita intera, e oltre ai dati di realtà, custodisce emozioni, ricordi, sentimenti.
La memoria è un documento dell’identità personale, della propria storia, ma più di tutto della propria coscienza. Noi siamo la nostra memoria, e perderla significa perdere sé stessi. Significa abitare un corpo senza esistere.
Questa consapevolezza è stata solo una delle tappe del viaggio che ha disegnato questo film. Attraversando l’Italia ho avuto il privilegio di entrare nelle case di persone sconosciute e straordinarie, che hanno condiviso con noi le loro storie. Storie di vite fuori dal comune, storie segnate dall’Alzheimer, storie di dolore e disperazione, ma soprattutto storie d’amore.
La traccia seguita, nel corso di questa indagine, è stata la differenza tra cura e guarigione. Quello che ho imparato è che dal morbo di Alzheimer non è possibile guarire, ma è possibile curare, se non la malattia, la persona, proprio con l’amore.
La prima domanda, posta nel corso della prima intervista, è stata: “Che cosa significa prendersi cura di un malato di Alzheimer?”. La risposta che ho ascoltato, senza esitazione nella voce di Franco, è stata: “Amare”.
È l’amore il protagonista di questo film, non la malattia.
L’amore della persona malata, che non sa più chi sei ma sa di amarti.
E l’amore della persona che si prende cura del malato, che ama senza condizioni, senza risposte, nel modo più disperato in cui si possa amare: Perdutamente.

Informazioni:
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Evento segnalato da Comune di Lavarone

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