Incontro con Lia Levi, scrittrice sopravvissuta alle leggi razziali.
Un popolo che non ha memoria, non ha nemmeno futuro. Perché è solo quando il ricordo viene elaborato il passato non svanisce e si fa guida al presente.
Nata da una famiglia di origini ebraiche, Lia Levi da bambina ha vissuto sulla sua pelle le leggi razziali, scampando alla deportazione solo grazie alla protezione offertale da un convento cattolico romano. Divenuta adulta ha scelto di tenere fede alla promessa fattasi anni prima, quando in una lettera scritta per se stessa da grande raccomandava “Cara Lia, ricordati che da grande devi fare la scrittrice. Non dire che sono tutte sciocchezze, scrivi le tue storie!”.
Le sue storie hanno girato il mondo, distribuendo emozioni e regalandole numerosi premi e riconoscimenti che non hanno però spento in lei il bisogno di raccontare, anche attraverso la letteratura, il dramma dell’odio di cui fu testimone. Un dramma con cui l’Italia ha preferito a lungo non fare i conti, limitandosi a voltare una pagina che non aveva voluto leggere, come se non fosse mai esistita…
Ma perché è davvero così importante fare memoria?
Lia Levi non ha dubbi: un popolo che non ha memoria, non ha nemmeno futuro. Perché solo quando il ricordo viene elaborato e si fa, appunto, memoria il passato non svanisce e viene trasportato nel presente, “diventa una cosa su cui pensi, ti offre dei valori e un metro per giudicare. Diventa qualcosa di vivo, che ti consente di capire le pulsioni che l’essere umano ha sempre avuto e ti insegna a riconoscerle. Ed è allora che il passato ti insegna anche a scegliere”.
Informazioni complete:
www.degasperitn.it