La balena è il mammifero più grande che esista; la balena fa sbandare le navi; è un essere mitico, misterioso degli abissi, che fa tremare i marinai; è una delicata creatura che canta innamorata nelle baie del Sud. La balena come sogno e desiderio, come allegoria e scrigno di ricordi, come viaggio di cui non si vede la fine.
Il 12 giugno si è concluso il percorso teatrale nato all’interno di: “Per aspera ad astra, come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza”, un progetto nazionale di Acri e Fondazione Caritro.
Da ottobre dello scorso anno una ventina di attrici e di attori formatosi all’interno della Casa circondariale di Trento si è messo in viaggio proprio sulle tracce della balena più famosa: l’inafferrabile e temibile capodoglio Moby Dick. In questi mesi hanno avuto la possibilità di lavorare insieme a professionisti e professioniste del teatro, danza, drammaturgia, scenografia, regia e come i marinai del Pequod, uomini e donne coraggiosi, provenienti da diverse parti del mondo, hanno sfidato il loro stato di reclusione per lanciarsi nell’oceano aperto e periglioso dell’immaginazione.
Prendendo spunto dalla trama dell’immenso capolavoro di Melville, lo spettacolo si muove inseguendo i sogni, in equilibrio precario tra salvezza e dannazione. Sogni che nutrono e sogni che ci trascinano nell’abisso del fallimento. Ma a volte il fallimento porta in sé qualcosa di immenso e meraviglioso e svela la grandezza dell’essere umano e dei suoi desideri. In esso s’accende il mistero della salvezza.
È stato un viaggio ricco e intenso, non sapevamo esattamente che traiettoria avrebbe preso la nostra rotta, sapevamo però che stare insieme era l’unico modo di scoprirlo...
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